ASSEGNO SOCIALE

13 aprile 2021

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Tribunale di Napoli SEZIONE LAVORO

Il Tribunale, nella persona del giudice designato Dott. Giovanna Picciotti Alla udienza del 03/02/2021 ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nella causa lavoro di I grado iscritta al N 21695/2019 R.G. promossa da: LUIGI SAMUELE BARLETTA BRLLSM52D08A535W con il patrocinio dell’avv. GENTILE FRANCESCO, con elezione di domicilio in VIA FIRENZE 32 NAPOLI, come da procura in atti; RICORRENTE

contro: I.N.P.S., con il patrocinio dell’avv. MARIA PIA TEDESCHI, con elezione di domicilio in VIA A. DE GASPERI 55 NAPOLI; RESISTENTE

OGGETTO: assegno sociale

CONCLUSIONI: come in atti.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso depositato il 31-10-2019, l’istante in epigrafe esponeva di avere presentato in data 29-1-2019 domanda per il riconoscimento dell’assegno sociale; che la domanda era stata respinta sul presupposto dell’insussistenza del requisito reddituale. Dedotto che il prescritto procedimento amministrativo aveva dato esito infruttuoso l'istante ha dunque chiesto l'accertamento giudiziale del diritto alla prestazione richiesta con condanna al pagamento della provvidenza economica dal primo mese successivo alla domanda, oltre accessori e spese. Ritualmente instaurato il contraddittorio, l’istituto convenuto si è costituito eccependo l’inammissibilità e improcedibilità della domanda; nel merito ha chiesto il rigetto della domanda in mancanza del requisito dello stato d bisogno.

Sono infondate le eccezioni preliminari di decadenza non essendo maturato il relativo termine trattandosi di domanda del 29-1-2019. La domanda è, altresì, procedibile essendo documentato l’esaurimento del procedimento amministrativo (v., in particolare, domanda telematica e ricorso in atti). Infondata è, altresì, l’eccezione di nullità del ricorso poiché l’atto introduttivo contiene l’esposizione delle circostanze di fatto e degli elementi di diritto idonei alla corretta instaurazione del contraddittorio su tutti i punti della domanda.

 

Nel merito la domanda è fondata. E’ noto che, ai sensi dell’art. 26 L 30/04/1969 n. 153, “1. Ai cittadini italiani, residenti nel territorio nazionale, che abbiano compiuto l'età di 65 anni, che posseggano redditi propri assoggettabili all'imposta sul reddito delle persone fisiche per un ammontare non superiore a lire 336.050 annue e, se coniugati, un reddito, cumulato con quello del coniuge, non superiore a L. 1.320.000 annue è corrisposta, a domanda, una pensione sociale non riversibile di lire336.050 annue da ripartirsi in 13 rate mensili di L. 25.850 annue ciascuna. La tredicesima rata è corrisposta con quella di dicembre ed è frazionabile. Non si provvede al cumulo del reddito con quello del coniuge nel caso di separazione legale. … 3. Non hanno diritto alla pensione sociale: 1) coloro che hanno titolo a rendite o prestazioni economiche previdenziali ed assistenziali, fatta eccezione per gli assegni familiari, erogate con carattere di continuita' dallo Stato o da altri enti pubblici o da Stati esteri…”. La giurisprudenza della Suprema Corte (cfr. Cass. 5326/1999), già nell’esaminare la pensione sociale, aveva ritenuto che lo stato di bisogno definito dal legislatore è rappresentato solo dal reddito assoggettabile all'imposta sul reddito delle persone fisiche, non essendo presa in considerazione ogni entrata economica, dimostrabile per mezzo di un rigido meccanismo documentale (certificazione fiscale sulla dichiarazione resa dal richiedente su apposito modulo; v. al riguardo Cass. 2 aprile 1986 n. 2273; 18 dicembre 1985 n.6472; 29 maggio 1991 n. 6085). In tal caso, pur potendo l'ente previdenziale sempre rilevare eventuali frodi (Cass. 28 gennaio 1987 n. 847; 16 gennaio 1996 n. 317) in ordine a redditi occultati (e non già di beni patrimoniali o di cespiti non costituenti reddito ai sensi della ripetuta norma), aveva precisato che “ciò che rileva è il reddito e non la capacità economica del soggetto” e che “Trattandosi quindi di un parametro rigido, ad integrare il requisito economico richiesto per il diritto alla provvidenza in oggetto non può concorrere lo stato di bisogno, che dovrebbe essere escluso ogni qual volta vi sia un patrimonio, il quale è invece valutabile solo in quanto abbia prodotto un reddito”. E’, quindi, intervenuta la Legge 335/1995 che, con l’art. 3, comma 6, ha previsto che “. Con effetto dal 1 gennaio 1996, in luogo della pensione sociale e delle relative maggiorazioni, ai cittadini italiani, residenti in Italia, che abbiano compiuto 65 anni e si trovino nelle condizioni reddituali di cui al presente comma e' corrisposto un assegno di base non reversibile fino ad un ammontare annuo netto da imposta pari, per il 1996, a lire 6.240.000, denominato "assegno sociale". Se il soggetto possiede redditi propri l'assegno e' attribuito in misura ridotta fino a concorrenza dell'importo predetto, se non coniugato, ovvero fino al doppio del predetto importo, se coniugato, ivi computando il reddito del coniuge comprensivo 3 dell'eventuale assegno sociale di cui il medesimo sia titolare. I successivi incrementi del reddito oltre il limite massimo danno luogo alla sospensione dell'assegno sociale. Il reddito e' costituito dall'ammontare dei redditi coniugali, conseguibili nell'anno solare di riferimento. L'assegno e' erogato con carattere di provvisorietà sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed e' conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti. Alla formazione del reddito concorrono i redditi, al netto dell'imposizione fiscale e contributiva, di qualsiasi natura, ivi compresi quelli esenti da imposte e quelli soggetti a ritenuta alla fonte a titolo di imposta o ad imposta sostitutiva, nonche' gli assegni alimentari corrisposti a norma del codice civile, Non si computano nel reddito i trattamenti di fine rapporto comunque denominati, le anticipazioni sui trattamenti stessi, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, nonche' il proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. Agli effetti del conferimento dell'assegno non concorre a formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema contributivo ai sensi dell'articolo 1, comma 6, a carico di gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura corrispondente ad un terzo della pensione medesima e comunque non oltre un terzo dell'assegno sociale”. In base al comma 7 dell’art 3 citato, inoltre, “… Per quanto non diversamente disposto dal presente comma e dal comma 6 si applicano all'assegno sociale le disposizioni in materia di pensione sociale di cui alla legge 30 aprile 1969, n. 153, e successive modificazioni e integrazioni”. Dunque, l’assegno sociale ha sostituito la pensione sociale, pur mantenendo la natura assistenziale ed in quanto tale è volto ad assicurare "i mei necessari per vivere" (ai sensi dell'art. 38, comma 1 Cost.) alle persone anziane che hanno superato una prefissata soglia di età, e che non dispongono di tutela previdenziale per fronteggiare l'evento della vecchiaia. Il relativo diritto si fonda sullo stato di bisogno accertato del titolare che viene desunto, in base alla legge, dalla mancanza di redditi o dall'insufficienza di quelli percepiti al disotto del limite massimo indicato dalla legge. L'assegno viene infatti corrisposto per intero o ad integrazione, a coloro che, compiuta l'età prevista (oggi rileva l'età di 67 anni), siano privi di reddito o godano di un reddito inferiore al limite fissato dalla legge (raddoppiato in ipotesi di coniugio) ed adeguato nel tempo dal legislatore (da ultimo art. 38 comma 1 lett. b 1. 448/2011). La legge, come già visto, individua con precisione i redditi rilevanti ai fini del calcolo del requisito reddituale. Si tratta dei redditi personali e coniugali di qualsiasi natura. Si computano pure gli assegni familiari corrisposti a norma del codice civile. Non si computano invece il TFR e le relative anticipazioni, le competenze arretrate soggette a tassazione separata, nonche' il proprio assegno e il reddito della casa di abitazione. Neppure concorre a formare reddito la pensione liquidata secondo il sistema contributivo ai sensi dell'articolo 1, comma 6, della stessa 1. 335/1995 a carico di 4 gestioni ed enti previdenziali pubblici e privati che gestiscono forme pensionistiche obbligatorie in misura corrispondente ad un terzo della pensione medesima e comunque non oltre un terzo dell'assegno sociale. 9.- In base alla stessa legge, individuati i redditi rilevanti è possibile individuare l'importo del rateo mensile fino a concorrenza dell'importo massimo indicato. Mentre il superamento del limite di reddito determina la sospensione della prestazione la cui erogazione riprenderà quando i redditi torneranno al di sotto del limite massimo previsto per la sua attribuzione. Secondo i principi generali in materia di onere della prova, è l’attore a dimostrare il possesso del requisito reddituale, determinato in base ai rigorosi criteri richiesti dalla legge speciale. Deve inoltre rilevarsi come l’indagine sul complesso delle entrate patrimoniali e' consentita dall’art 3 cit., che prevede che alla formazione del reddito complessivo contribuiscono i redditi di "qualsiasi natura"; pertanto, può essere preso in considerazione, anche in via presuntiva, il tenore di vita del richiedente (non al fine di individuare un requisito di accesso alla prestazione diverso da quelli previsti dalla legge, ma) per individuare nel suo sistema di vita una serie di indicatori che, globalmente sommati, possono dare luogo ad un reddito superiore a quello massimo (cfr. Cass. 13577/2013). Si è discusso se l’ampia formula usata dal legislatore (“redditi di qualsiasi natura”) e anche la non coincidenza con la nozione di reddito “fiscale” potessero indurre ad escludere l’assegno sociale in presenza di entrate patrimoniali, non solo attuali, ma anche concretamente possibili (fatta solo eccezione per le entrate espressamente escluse), che minerebbero l’esistenza della predetta situazione di bisogno (cfr. sentenza di quest’ufficio n. 1857/2016) e, dunque, se potesse tenersi conto della non irrimediabilità dello stato di disagio economico. Orbene, a tale quesito la Suprema Corte, come già ritenuto per la pensione sociale, ha dato risposta negativa. Secondo la Corte (v., da ultimo Cass. n. 14513 del 09/07/2020) va del tutto escluso che ai fini del requisito reddituale previsto per l'assegno sociale possa assumere rilievo una mera pretesa (nella specie si trattava dell’astratta possibilità di chiedere l'assegno di mantenimento a carico del proprio coniuge in sede di separazione) perché, in base alla stessa legge conta esclusivamente lo stato di bisogno effettivo risultante cioè dalla comparazione tra reddito dichiarato e reddito effettivamente percepito: l'assegno è infatti erogato con carattere di provvisorieta' sulla base della dichiarazione rilasciata dal richiedente ed e' conguagliato, entro il mese di luglio dell'anno successivo, sulla base della dichiara ione dei redditi effettivamente percepiti. In tal senso quindi va escluso che possa rilevare un reddito potenziale, mai attribuito e percepito dal soggetto che richiede l'assegno sociale nel periodo considerato, dovendo, piuttosto, dare esclusivo rilievo allo stato di bisogno effettivo da accertarsi sulla base delle norme di legge (ovvero attraverso la verifica tra la 5 dichiarazione presentata all'atto della domanda e la dichiarazione dei redditi effettivamente percepiti presentata l'anno successivo). Secondo la Suprema Corte, quindi, è erroneo, in carenza di qualsiasi previsione di legge, ritenere che la mancanza di richiesta dell'assegno di mantenimento al coniuge separato equivalga ad assenza dello stato bisogno dando luogo al riconoscimento del proprio stato di autosufficienza economica e, in via ulteriore, è, parimenti erroneo, presumere la esistenza di un reddito di cui nella legge non vi è traccia. Dato che, come risulta dalla menzionata disciplina, la legge prevede, al contrario, come unico requisito, uno stato di bisogno accertato, caso per caso, non solo per concedere ma anche per mantenere la tutela di base assistenziale per gli anziani nel nostro Paese. I principi espressi dalla giurisprudenza di legittimità con riferimento all’ipotesi della mancata richiesta di mantenimento da parte del coniuge separato (v., anche Cass. n. 6570 del 18/03/2010, per l’ipotesi del coniuge separato che pur titolare dell’assegno di mantenimento aveva omesso di richiederne il pagamento all’altro coniuge) possono, senz’altro, trovare applicazione anche per tutte le ipotesi in cui il diniego del beneficio si fonda sulla astratta possibilità di conseguire un reddito che il richiedente la prestazione non ha azionato o, anzi, addirittura, sulla volontaria privazione di quel bene che avrebbe potuto essere fonte di reddito. Se, ai fini di legge, non è sufficiente la mera titolarità di un reddito se non vi è anche la sua concreta percezione, nulla autorizza ad introdurre nell'ordinamento l'ulteriore requisito (rilevante in generale, a livello dell'astratta disciplina legale, quale condicio iuris) dell'obbligo del richiedente l'assegno sociale di rivolgersi previamente al proprio coniuge separato, ovvero, come nella specie, ai figli donatari dei beni immobili; con effetti inderogabilmente ablativi del diritto all'assegno sociale, in caso di loro inottemperanza; e ciò pur nella accertata sussistenza dei requisiti esplicitamente dettati allo scopo dalla legge, ma senza che la stessa disciplina contenga alcuna indicazione in tale direzione, nè ai fini dell'accesso al diritto, né ai fini della misura dell'assegno sociale. Senza considerare che le situazioni tra coniugi, così come rispetto ai figli, non si prestano certo ad essere valutate in sede giudiziale, semplicisticamente e con la medesima chiave presuntiva, tanto meno in sede di assistenza sociale, per tutti i destinatari della tutela. Perché in tal modo si rischia di conferire alla disciplina profili di irrazionalità ma anche di trattare in modo uguale situazioni assai differenti proprio sul piano reddituale, a cui la legge sull'assegno sociale conferisce rilievo predominante ai fini della tutela (cfr Cass.14513/2020 cit.). In definitiva, la legge, per garantire il diritto ex art.38 Cost. al c.d. minimo vitale, degli anziani più poveri, ha istituito un sistema di accertamento basato unicamente sul controllo del reddito effettivamente posseduto ( Cass. n. 6570/2010, cit.). Ciò posto, nella fattispecie in esame, l’Inps ha contestato nella fase amministrativa la non sussistenza del requisito reddituale assumendo che lo stato di 6 bisogno fosse altrimenti rimediabile ed anzi procurato, essendo i figli donatari tenuti a sopperire allo stato di bisogno in applicazione delle regole civilistiche sulla donazione. E’ pacifico e documentato, in punto di fatto, che, nell’anno 2017, l’istante ed il coniuge hanno provveduto a donare la nuda proprietà e la proprietà piena dei loro beni immobili ai figli. Dalla documentazione in atti risulta che il reddito percepito dall’istante per l’ano 2019 è, però, nei limiti di legge. In alcun modo risulta –ovvero è stato allegato dalla difesa dell’istituto- che l’istante ed il coniuge percepissero alcun reddito dagli immobili in donazione. Alle stregua dei principi sopra espressi, non appare corretto il criterio virtuale adottato dall’ente che ha tenuto conto della sola possibilità del ricorrente di percepire un reddito dagli immobili donati ovvero dell’obbligo di mantenimento gravante a carico dei figli: nel caso in esame, infatti, in assenza di indicatori volti ad individuare un tenore di vita incompatibile con lo stato di bisogno, non è stata prospettata in maniera specifica la possibilità per l’istante di conseguire “concretamente” un reddito dagli immobili donati in misura tale da impedire anche l’eventuale corresponsione dell’assegno sociale in forma ridotta; nè risultano dedotti dall’Inps comportamenti da parte del ricorrente di natura dolosa, diretti a procurare in proprio favore la liquidazione dell’assegno non spettante e, dunque, una frode perpetrata ai danni dell’ente. In assenza di elementi volti a provare, seppur presuntivamente, il conseguimento di un reddito superiore ai limiti di legge, escluso dalla documentazione allegata dall’istante, va, pertanto, dichiarato il diritto della parte ricorrente all’assegno sociale dall’1-2-2019 e, per l’effetto, condannato l’Inps al pagamento dei ratei maturati, oltre interessi legali da portarsi in detrazione del maggior danno da svalutazione monetaria con decorrenza dalla maturazione dei singoli ratei al soddisfo. Le spese di lite vanno interamente compensate per la difformità delle decisioni di merito. P.Q.M. Il giudice definitivamente pronunziando, ogni diversa istanza e deduzione disattesa, così provvede: - dichiara il diritto della parte ricorrente all’assegno sociale dal 1.2.2019 e, per l’effetto, condanna l’Inps al pagamento dei ratei maturati, oltre interessi legali da portarsi in detrazione del maggior danno da svalutazione monetaria con decorrenza dalla maturazione dei singoli ratei al soddisfo; - compensa le spese di lite. Così deciso in data 03/02/2021 . il Giudice Dott. Giovanna Picciotti

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